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Tendinopatia calcifica

Patologie spalla


Che cosa sono le calcificazioni della cuffia dei rotatori e perché si formano?
La cuffia dei rotatori è una struttura anatomica fondamentale dell' articolazione della spalla; è l'insieme di 4 tendini piatti che originano da muscoli con inserzione scapolare (sopraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo e sottoscapolare). Essi avvolgono superiormente, posteriormente ed anteriormente la testa omerale. La contrazione dei muscoli partecipa in misura determinante al sollevamento, all' intrarotazione e all' extrarotazione.La calcificazione un deposito di calcio in uno dei tendini della spalla. Ciò può verificarsi per due motivi: a) le cellule tendinee si trasformano in cellule produttrici di calcio per un processo che si chiama "metaplasia" (tendinopatia calcifica); b) il tessuto tendineo degenera a causa dell'invecchiamento e dell'usura, e successivamente calcifica (calcificazione degenerativa). Nel primo caso, il deposito di calcio si trova nel contesto del tendine; nel secondo, in corrispondenza dell'inserzione del tendine sull'omero.
Studi epidemiologici hanno dimostrato che le calcificazioni di spalla sono presenti nel 20% dei pazienti con rottura della cuffia dei rotatori, nel 33% di coloro che hanno un acromion di forma uncinata, nel 15% dei soggetti affetti da spalla congelata o capsulite adesiva e nel 6.8% di tutti coloro che hanno dolore alla spalla.
Il 4.9% dei soggetti ha una calcificazione della spalla.
La tendinopatia calcifica è più frequente nei soggetti giovani adulti (nostri dati: età media, 45.4 anni), di sesso femminile e dediti (41%) ad attività lavorative domestiche o sedentarie (27%). La calcificazione degenerativa è spesso presente in soggetti anziani (età media, 66.5 anni) di sesso femminile; non è stata evidenziata una correlazione statisticamente significativa con l'attività lavorativa svolta

Chi è responsabile della deposizione di calcio nel tendine?
Le Vescicole della matrice. Fanno parte della famiglia delle vescicole sinaptiche, dei lisosomi.
Sono il sistema di trasporto intra ed extracellulare.
In particolare le vescicole della matrice sono state scoperte da Anderson e Bonucci nel 1967 e sono specializzate nell'iniziare la fisiologica mineralizzazione della matrice extracellulare in diversi tessuti (dentina, osso etc.). Durante la apoptosi cellulare si rendono disponibili una maggiore quantità di ioni fosfato e ioni calcio a livello della membrana plasmatica che vengono trasportati dalle vescicole assieme ad una proteina (annexina) nella matrice extracellulare attivandone la mineralizzazione.

Classificazione
Numerose sono le classificazioni che sono state proposte dai vari Autori secondo criteri diversi:
Anatomico: Bosworth le ha divise in piccole ( fino a 0,5 cm) medie ( da 0,5 a 1,5 cm) e grandi ( da 1,5 cm in su ). Patte e Goutallier le hanno divise in localizzate e diffuse ( dense a margini netti, dense multilobulari, translucenti a margini netti, translucenti multilobulari).
Le forme localizzate sono generalmente rotonde-ovali, dense, omogenee e tendenzialmente più vicine al lato bursale. Le forme generalizzate hanno un aspetto e una localizzazione diversi. Farin ha proposto una classificazione ecografia: limiti netti con cono d'ombra posteriore, limiti sfumati con cono d'ombra posteriore, limiti sfumati senza cono d'ombra posteriore
Clinico: De Palma le classifica a seconda della sintomatologia dolorosa in acute, subacute e
croniche
Anatomo-patologico/Evolutivo: Uhthoff ha posto l'accento sul quadro anatomo-patologico e sulla caratteristica della evolutività delle calcificazioni. Questa ci sembra la maniera più completa per poter comprendere, da una parte, il percorso tra i vari stadi che le calcificazioni compiono e , dall'altra, per potere di conseguenza effettuare , valutando anche attentamente la sintomatologia , il trattamento più idoneo possibile. Uhthoff distingue 3 stadi: 1: precalcifico, 2: calcifico e 3: postcalcifico.

1) Precalcifico Vi è una elaborazione dei glicosaminoglicani indicata dalla metacromasia: si
assiste quindi ad una metaplasia dei tenociti in condrociti con trasformazione fibrocartilaginea
del sito in cui avverrà la calcificazione

2) Calcifico Questo stadio riconosce 3 fasi: a) formazione b)quiescenza e c) riassorbimento
a) Fase della Formazione. I cristalli di calcio si depositano in vescicole sparse che vanno
man a mano unendosi formando così ampie zone di deposito. In questa fase l'area della
fibrocartilagine con i foci di calcificazione è solitamente priva di vascolarizzazione. I setti
fibrocartilaginei che separano i vari focolai di calcificazione vengono gradualmente erosi
dai depositi calcifici che vanno gradualmente aumentando di dimensione.
Macroscopicamente la calcificazione presenta, un questa fase, un aspetto gessoso.
b) Fase della quiescenza: fase in cui si possono notare i depositi calcifici, a volte in seguito a
radiografie occasionali ( eseguite per traumi o altro), in cui la sintomatologia dolorosa può
essere più o meno presente ma mai di importante entità
c) Fase del riassorbimento. Questa fase inizia dopo un periodo di quiescenza di durata molto
varia : perifericamente alle calcificazioni si assiste ad una neoformazione vascolare, dalle
pareti sottili che permettono ai macrofagi e alle cellule giganti multinucleate di circondare le
calcificazioni, fagocitarne ed asportarne il calcio. Macroscopicamente, in questa fase, il
tessuto calcifico si presenta biancastro, denso con consistenza simile alla crema o alla pasta
dentifricia.

3) Postcalcifico Lo spazio lasciato libero dal calcio viene occupato da fibroblasti immaturi
e neoformazioni vascolari. Durante il processo di cicatrizzazione il collagene e i fibroblasti
si allineano secondo l'asse longitudinale del tendine.


A) Omogenea limiti definiti (cliccare per vedere immagine)

B) Eterogenea polilobata, limiti definiti

C) Eterogenea senza contorni netti

D) Entesopatia



Come si può possono manifestare le calcificazioni?

Dolore in corrispondenza della faccia anteriore o laterale della spalla, che non si irradia oltre il gomito e non si estende al collo. Il dolore si acuisce durante il sollevamento del braccio e può essere presente anche di notte. Generalmente la mobilità della spalla è ridotta.
La calcificazione (da tendinopatia calcifica) segue un suo ciclo evolutivo. Ad ogni fase di questo ciclo corrisponde un differente quadro clinico.
La prima fase è definita di "metaplasia fibrocartilaginea". Seguono le fasi "formativa", "calcifica", "di riassorbimento" e "di ristrutturazione". Tranne la prima, sono tutte potenzialmente responsabili di dolore. La fase di "riassorbimento" è la più dolente. La durata di ciascuna fase non è nota.
Deve essere quindi valutato attentamente e confrontato con il quadro radiografico per poter mettere in atto il trattamento più adeguato. L'inizio della sintomatologia è sicuramente di tipo cronico, con disturbi molto modesti e disagio contenuto. Lo stato iniziale della formazione dei depositi non presenta neoformazione vascolare, reazione cellulare e non vi sono cambiamenti di tensione del tessuto tendineo. In questa fase bisogna però anche tenere in considerazione come calcificazioni molto voluminose possano entrare in conflitto con il legamento coracoacromiale. Questo tipo di sintomatologia si prolunga nella fase di quiescenza. Il quadro clinico diviene molto doloroso, invece, nella fase di riassorbimento in quanto la neoformazione vascolare, unitamente allo stato essudativo, può portare un aumento considerevole del volume tissutale con conseguente aumento della pressione
intratendinea. L'aumento di volume, di per se doloroso, deve fare anche i conti con le
strutture vicine con le quali può entrare in conflitto. La motilità è ridotta in maniera importante dal dolore che si esacerba spesso nelle ore notturne. La durata della sintomatologia è varia: si va da 1 o 2
settimane per i sintomi acuti a 3-4 mesi per la sintomatologia cronica. Un'ipotrofia dei muscoli spinosi può tradire la lunga durata della sintomatologia.
Possiamo comunque, per motivi nosologici da una parte, e terapeutici dall'altra, distinguere3 forme sintomatiche:
1) La forma acuta che, è stato descritto, può manifestarsi da una a 5-6 settimane. Molto dolorosa arreca importante disagio e impotenza funzionale.
2) La forma cronica che può manifestarsi per molti mesi; presenta un dolore continuo, sordo, di intensità fissa. Questo dolore è nettamente inferiore a quello della forma acuta.
3) Forma cronica subentrante caratterizzata da periodi di dolore e periodi di completo benessere. La sua durata minima di 1-2 mesi può protrarsi anche per oltre 6 mesi.

Come possono essere diagnosticate le calcficazioni?

L'esame radiografico ci permette di diagnosticare bene la presenza di calcificazioni e,
soprattutto, di capire di fronte a quale stadio della malattia ci troviamo.
Possiamo osservare due aspetti radiografici delle calcificazioni. Il primo aspetto ci fa vedere immagini dai contorni netti, distinti, di densità omogenea ed uniforme: ci troviamo di fronte alla fase di formazione o di quiescenza. Il secondo aspetto è nebuloso, a fiocchi di cotone, con contorni non ben definiti. Ci troviamo di fronte alla fase di riassorbimento. Se questo quadro è associato alla presenza di una banda a forma di semiluna possiamo pensare a una rottura della calcificazione all'interno della borsa sottoacromiale.
Per il riconoscimento delle calcificazioni è molto utile l'ecografia. Hartig e Huth hanno
scoperto come l'ecografia permette di evidenziare la totalità delle calcificazioni mentre la
radiografia lo consente solo nel 90% dei casi.

Quale è la terapia?
Nella scelta del trattamento devono essere valutati e messi in relazione tra loro l'anamnesi,la sintomatologia e il quadro radiografico. Bisogna anche tenere ben presente che, nella grande maggioranza dei casi, l'evoluzione delle calcificazioni è la risoluzione spontanea.
Molti autori ( Gschwend e coll., Gartner, Lichmann e coll ) hanno dimostrato come solo nell'1-3 % dei casi si è stati costretti a ricorrere alla chirurgia e come il 33% delle calcificazioni di aspetto radiografico denso e l'85% delle calcificazioni di aspetto radiografico sfumato scompaiano naturalmente.
Diverse sono le metodiche di trattamento che possono essere impiegate:

1) Conservativa: Nella fase cronica è naturalmente la terapia d'elezione. E poggia le sue fondamenta sulla kinesi e sulla terapia fisica. Bisogna impedire la contrattura muscolare e impedire la rigidità per cui blandi esercizi pendolari e di mobilizzazione associati alle varie terapie fisiche analgesiche trovano vasto impiego. Si può fare uso della crioterapia se il dolore è più intenso o del calore nei casi francamente cronici.

2) Onde d'urto: negli ultimi anni viene sempre più adoperata ma non è scevra di complicanze. Su di essa bisogna fare alcune considerazioni. Non si può sperare che abbia lo stesso effetto della litotrissia sui calcoli renali. Questi ultimi, dopo essere stati frantumati trovano una facile via di eliminazione mentre lo stesso non si può pensare per le calcificazioni che sono intratendinee e che quindi possono essere espulse, dopo il trattamento con le onde d'urto, solo con la rottura del tendine che invece, avviene più raramente nel riassorbimento spontaneo. Diversi sono anche i risultati che troviamo in letteratura. Loew e coll hanno trovato risultati soddisfacenti in 4 pazienti su 5. Romp e coll non hanno assistito a risoluzione delle calcificazioni trattate con onde d'urto in 15 pazienti su 40 mentre nei restanti 25 vi era stato un riassorbimento parziale o totale. Sono stato trovati, a un controllo con RMN, 14 ematomi su 20 pazienti trattati con questa metodica.

3) Agoaspirazione e lavaggio ecoguidati: bisogna subito dire che la maggioranza degli Autori concordano nell'affermare che questa metodica è efficace solo nella fase di riassorbimento. Gartner ha rilevato il riassorbimento dopo agoaspirazione in 23 pazienti su 33. Gerber ha notato nella sua statistica di controlli a 5 anni, come il 60% dei pazienti non avesse più alcun dolore, il 34% riferisse un netto miglioramento e solo il 6% non avesse goduto di nessun beneficio. Harmon ha ottenuto il 78,9% di risultati positivi su 400 casi trattati. Altri Autori ( De palma e Kruper ) hanno avuto invece risultati buoni nel 61% dei casi, discreti nel 22% e cattivi nel 17%. Sebbene alcuni Autori raccomandino l'uso di corticosteroidi durante il trattamento di agoaspirazione va ricordato come il cortisone inibisca l'attività dei macrofagi e la proliferazione vascolare disturbando quindi il processo di riassorbimento. Il dolore può essere quindi controllato solo con l'uso di analgesici o anestetici locali.

4) Artroscopia: Al contrario dell'agoaspirazione il trattamento artroscopico trova la sua migliore indicazione nei casi di calcificazioni radiologicamente dense e a margini netti. L'indicazione all'intervento di asportazione delle calcificazioni per via artroscopica deve essere data con parsimonia ed oculatezza: bisogna essere certi che i depositi siano responsabili della sintomatologia dolorosa, bisogna diagnosticare l'eventuale presenza di patologie associate e quindi bisogna pianificare gli eventuali gesti chirurgici necessari ( acromionplastica, sezione del C-A, ecc…..)

Conclusioni:
La scelta del trattamento quindi deve sempre tener conto di tutte le variabili presenti perché l'atteggiamento dell'ortopedico, anche davanti allo stesso quadro radiologico, potrà e dovrà essere diverso a seconda della sintomatologia e della durata del dolore.
Non prendiamo in considerazione lo stadio precalcifico in quanto privo sia di segni clinici che radiologici.
Quando ci si trova davanti allo stadio di formazione è la sintomatologia dolorosa sempre modesta che ci permette di distinguerlo dallo stato di quiescenza dove il dolore può invece essere più importante. Anche l'anamnesi, interrogando il paziente sull'insorgenza e la durata della sintomatologia dolorosa, servirà a chiarire il quadro clinico. La terapia quindi, nello stato di formazione sarà sempre conservativa.
Nello stato di quiescenza invece, ci si può trovare di fronte a degli episodi di dolore che non recedono con il trattamento conservativo. E' questo il caso in cui può essere utile l'asportazione artroscopica delle calcificazioni. Lo stato gessoso dei depositi di calcio controindica, infatti, in questa fase, l'uso dell'agoaspirazione che incontrerebbe notevoli difficoltà nell'eliminazione dei cristalli poco o per niente fluidi.
Nella fase di riassorbimento, se il dolore è molto importante, non controllabile con i comuni farmaci e con pochi accenni alla regressione, anche se ci troviamo di fronte a una fase destinata alla guarigione, non possiamo protrarre a lungo le sofferenze del paziente e dobbiamo ricorrere all'agoaspirazione ecoguidata. Quest'ultima trova in questa fase la sua indicazione elettiva per la presenza di depositi calcifici fluidi, facilmente rimovibili.
Nell'ultimo stadio , quello postcalcifico, l'unico trattamento è naturalmente quello
conservativo.


Referenze:
Bosworth BM : Calcium deposits in the shoulder and subacromial bursitis: A survay of
12122 shoulders JAMA 116: 2477-2482, 1941
De Palma A: Surgery of the shoulder, 2ed. Philadelphia: JB Lippincott 1973
De Seze S and Welfling J: Tendinites calcifiantes. Rhumatologie 22:5-14, 1970
Duplay S: Dela periarthrite scapulohumerale et des raideurs de l'epaule qui en sont la
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Gartner j: Tendinosis calcarea-Behandlungsergebnisse mit dem Needling. Z Orthop Irhe
Grenzgeb 313; 461-469, 1993
Hartig A and Huth F:Neue Aspekte zur Morphologie und Therapie der Tendinosis calcarea
der Schultergelenke. Artroskopie 8: 117-122, 1995
Pate and Goutalier D: Calcifications. Rev Chir Orthop 74: 277-278, 1988
Rockwood e Matsen : La spalla II edizione )71-989 1998
R. Rotini, P. Bungaro, D Antonioli, D Katusic, A Marinelli Algoritmo di trattamento della
tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori: indicazione all'artroscopia e risulatti nella
nostra esperienza. Chir. Organi Mov. XC 105-112, 2005
Welfling J, Kahn MF, Desroy m, e al: Le calfications de l'epaule. H. La maladie des
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